Cimadolmo

alla memoria

Il cimitero di Cimadolmo

Caratteristica principale dei cimiteri di Cimadolmo e San Michele di Piave è la vasta pavimentazione in cemento posta sopra la terra benedetta, che dà un senso di pulizia e di ordine, invocati, peraltro, dal sindaco protempore in un esplicito cartello posto all’ingresso.

Sopra il portale, da cui si accede al camposanto di Cimadolmo, campeggia una scritta: “Questa soglia divide due mondi, la pietà li unisce”.

Scostata di poco dal monumentale ingresso, una lapide ricorda i caduti delle due guerre mondiali del Novecento. Sono svariate decine di nomi e cognomi, impressi nel marmo in ordine alfabetico, un elenco lungo e sproporzionato rispetto alla popolazione di questo piccolo paese.

Una breve dedica indica a modello quelle giovani vite sacrificate: “Cimadolmo memore, i suoi figli migliori assunti alla gloria, ai posteri addita per esempio, riconoscenza e preghiera”. Si tratta dell’unico monumento dedicato ai caduti delle due guerre mondiali del Novecento, fino all’inaugurazione del “Cippo del ricordo”, nell’autunno del 2017.

Appena dentro il cimitero, nella tomba di famiglia, è sepolta la giovane Cristina Pavesi, studentessa universitaria coneglianese, di 22 anni, uccisa da un’esplosione il 13 dicembre del 1990, nel corso di una rapina a un treno che viaggiava in direzione opposta al Bologna-Venezia sul quale si trovava la giovane. La sua famiglia era arrivata a Cimadolmo dalla Lombardia: il cavalier Luigi Pavesi (1854-1926), geometra capo del Genio Civile e Ufficiale dell’Ordine della Corona d’Italia, doveva attendere alle opere di bonifica.

A Cristina Pavesi, la città di Conegliano ha intitolato il Centro Informazioni del Progetto Giovani.

Davanti al cimitero un piccolo parco invita alla rimembranza dei tanti morti e delle enormi distruzioni che hanno interessato Cimadolmo durante la prima guerra mondiale.

La cerimonia di inaugurazione del Parco della Rimembranza venne organizzata nel 1924 da Alessandro Vecelli, squadrista della prima ora, promotore di tanti eventi patriottici e appassionato musicista, che, nell’occasione, scrisse alcuni brani in linea con la prosopopea fascista dell’epoca, poi eseguiti dalla Banda Musicale del 55° Fanteria.

Alessandro Vecelli ottenne un momento di grande notorietà nel luglio del 1929, quando, in Vaticano, venne suonata la composizione “Il canto della Conciliazione”, in omaggio ai Patti Lateranensi sottoscritti tra il Regno d’Italia e la Santa Sede l’11 febbraio dello stesso anno.

Dentro le mura regnano il silenzio e un senso di mestizia che l’ordine assoluto con cui sono organizzate tombe e colombari riesce appena a mitigare.

Di fronte all’ingresso, nella monumentale tomba della famiglia Barbares, trova sepoltura don Ferruccio Piran (1876-1960), parroco di Cimadolmo dal 1927 all’anno della sua morte.

Tra le sepolture a terra resistono alcune vecchie tombe che ospitano gli ultimi “angioletti” volati in cielo troppo presto, che un tempo occupavano una porzione specifica del cimitero.

C’è la tomba dell’ingegner Cesare Vecelli, laureato alla Regia Scuola di Torino nel 1905, di nobili origini da parte della madre: la contessa Flavia Rinaldi.

Con i fratelli Alessandro e Lavinia, il giovane ingegnere si stabilì a Cimadolmo, ma la sua vita lavorativa si concentrò principalmente nelle miniere del Sulcis Iglesiente, in Sardegna, dove progettò il porto vicino a Iglesias, dedicandolo alla amata figlia Flavia.

Nel cimitero di Cimadolmo è sepolto anche Giordano Beotto (1881-1977), personaggio eclettico, artista, pittore, scultore e storico, che, nel 1911, realizzò la statua della Madonna di Lourdes per la chiesa di Cimadolmo, commissionatagli dal parroco don Agostino Spigariol. La statua fu l’unico elemento della chiesa a rimanere intatta dopo i pesanti bombardamenti delle artiglierie italiane che fronteggiavano gli austroungarici dall’altra sponda del Piave.

Il giornalista Arnaldo Fraccaroli, inviato di guerra del Corriere della Sera, nelle sue cronache racconta del “miracolo della Madonna di Lourdes”, che le truppe britanniche, entrate a Cimadolmo, collocarono intatta sopra le macerie della chiesa.

Come in altri cimiteri, anche in quello di Cimadolmo ci sono delle panchine a beneficio del corpo e dello spirito dei visitatori.

Un gruppo di vecchie cappelle gentilizie dà la misura di come, fin dal passato, le famiglie del paese in grado di permetterselo dedicassero attenzione al luogo dove seppellire i loro cari.

Così la cappella in mattoni della famiglia Grotto, abbellita da imposte in ferro battuto, conserva al suo interno alcune pitture e decorazioni segnate dal tempo, con al centro un San Pio X benedicente, realizzato da Giordano Beotto.

Anche la cappella della famiglia Cadamuro mostra finiture di pregio sia nella parte architettonica che nei ferri battuti, mentre quella della famiglia Giacomini è sostenuta da due colonne corinzie ed è abbellita, anch’essa, da una cancellata in ferro battuto.

Scostata di poco dal monumentale ingresso, una lapide ricorda i caduti delle due guerre mondiali del Novecento. Sono svariate decine di nomi e cognomi, impressi nel marmo in ordine alfabetico, un elenco lungo e sproporzionato rispetto alla popolazione di questo piccolo paese. Una breve dedica indica a modello quelle giovani vite sacrificate: “Cimadolmo memore, i suoi figli migliori assunti alla gloria, ai posteri addita per esempio, riconoscenza e preghiera”. Si tratta dell’unico monumento dedicato ai caduti delle due guerre mondiali del Novecento, fino all’inaugurazione del “Cippo del ricordo”, nell’autunno del 2017.
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