Rai

alla memoria

Il cimitero di Rai

Un ingresso monumentale con una serie di tombe a colombario che si dispiegano ai due lati, caratterizza il cimitero di Rai. Sul suolo benedetto le tombe delle persone anziane e delle giovani vite spezzate mantengono lo stesso ordine e pulizia del cimitero del capoluogo.

Sotto il porticato, accostate a un altare, trovano il riposo eterno due parroci di Rai: mons. Fernando Marcolin (1891-1963), mansionario per 36 anni, e don Giuseppe Pianca (1903-1964), parroco per 29 anni.

Monsignor Marcolin, ordinato sacerdote nel 1922, fu per molti anni segretario personale del vescovo Eugenio Beccegato. Per le sue abilità di progettista e direttore dei lavori venne esonerato dalle attività parrocchiali per assumere il ruolo di “mansionario”. Tra i tanti progetti realizzò anche quelli della chiesa di Santa Maria Maddalena di Rai e del patronato di San Polo. Fu segretario della Commissione Diocesana d’Arte Sacra e Canonico Onorario della cattedrale.

Originario di San Martino di Colle Umberto, don Giuseppe Pianca, dopo un lungo pellegrinare di parrocchia in parrocchia, nel 1935 approdò a Rai, dove rimase per quasi trent’anni, fino alla sua morte, avvenuta, dopo lunga malattia, il 16 maggio del 1964.

Poco distante, aggredita da un vasto proliferare di edere, la cappella della famiglia Buosi sconta il peso e la patina del tempo.

Un altro parroco di Rai, sepolto in cimitero, è don Francesco Pizzin (1864-1935); riposa con lui la sorella Teresa, che gli è stata a fianco per 43 anni.

Con l’invasione degli Austriaci alle porte, don Pizzin scappò con altri profughi in quel di Cesena, dove rimase per oltre un anno, abbandonando oggetti sacri, paramenti e registri parrocchiali che don Domenico Zanette, parroco di Vazzola, riuscì poi a recuperare e a mettere in salvo.

La chiesa di Rai, come tutte le chiese dei paesi rivieraschi del fronte, subì gravi danni; vennero asportate le campane, deturpate le pareti, scoperchiati i sepolcri, disperse le reliquie. La chiesa venne solennemente riaperta il primo gennaio del 1919.

Camminando lungo i vialetti del cimitero, salta alla vista, impresso in tante lapidi, il cognome Bonotto, uno dei più frequenti a Rai.

Vale la pena citare la presenza della tomba del carabiniere Giovanni Battista Bonotto, morto a 98 anni, nel 1993, ultimo Cavaliere di Vittorio Veneto del Comune di San Polo di Piave. Nato nel 1895, combatté sul Monte Podgora e fu molto celebrato in vita quale ultimo superstite della sanguinosa battaglia che vide impegnato il Reggimento dei Carabinieri Reali sul fronte isontino della prima guerra mondiale.

Un altro personaggio di Rai, sepolto nel cimitero del paese, è Gaetano Rossi, nato in Friuli nel 1869. Partito come mozzo per il servizio di leva nella Regia Marina Militare, si congedò col grado di Sottotenente di Vascello. Appassionato di astronomia e archeologia, curò diversi studi sulla torre di Rai e sulle centuriazioni romane, raccogliendo monete e reperti, ora perduti. Abile disegnatore, si distinse anche per alcune raccolte di scritti, tra i quali il poemetto “Dante a San Polo”, composto a Roma, nel 1917.

Poco distante dal cimitero sorge la chiesa dedicata alla Madonna del Carmine, un tempo affiancata da un piccolo cimitero, dove trovano sepoltura i frati carmelitani.

Della chiesa si ha traccia già nel 1544; l’aveva fatta edificare il conte Rambaldo XII di Collalto, per eleggerla a luogo personale di preghiera e di riflessione, una chiesa poi donata alla Congregazione dei frati carmelitani, la stessa presente a Susegana, nel convento poco fuori le mura del castello di San Salvatore.

Quello di Rai è un territorio dove nobili famiglie si sono insediate fin dal Medioevo: prima i Da Camino, poi i Collalto.

Nel 1358 il castello di Rai venne concesso a Schenella V di Collalto dall’imperatore Carlo IV di Lussemburgo, che in un diploma, redatto a Praga, conferma le feudalità del casato suseganese e aggiunge altri possedimenti: oltre a Rai, anche Col San Martino, Musestre e Valdobbiadene.

Il castello di Rai, cui fanno riferimento i villaggi di Fontanelle, Ormelle, Tempio e Rai, viene distrutto e saccheggiato dal poderoso esercito di Filippo degli Scolari, conosciuto come Pippo Spano, che nel 1412 fallisce l’assalto ai castelli suseganesi e, dopo un anno di inutile assedio, scatena le sue truppe contro prede più facili da conquistare.

Filippo degli Scolari, inviato da re Sigismondo di Ungheria alla testa di un esercito con migliaia di cavalieri, invade prima il Friuli, poi Sacile, Caneva, Cordignano, e arriva fino a Serravalle e Conegliano, in una unica scorribanda fatta di saccheggi, distruzione e morte, ma non riesce a penetrare nei castelli di Collalto e di San Salvatore.

La distruzione dei castelli di Rai e Col San Martino rimane comunque, una sortita costata cara agli ungheresi, che subiscono la pesante ritorsione dei conti Schenella e Pietro Orlando, i quali, usciti da San Salvatore con una schiera di soldati, seminano morte e distruzione nell’accampamento dell’esercito avversario, che non si attendeva la rabbiosa reazione. Attese e gradite arrivano poi le parole compiaciute del Doge di Venezia Michele Steno, che ha espressioni di grande apprezzamento per la coraggiosa e risolutiva azione militare dei Collalto.

Un altro parroco di Rai, sepolto in cimitero, è don Francesco Pizzin (1864-1935); riposa con lui la sorella Teresa, che gli è stata a fianco per 43 anni. Con l’invasione degli Austriaci alle porte, don Pizzin scappò con altri profughi in quel di Cesena, dove rimase per oltre un anno, abbandonando oggetti sacri, paramenti e registri parrocchiali che don Domenico Zanette, parroco di Vazzola, riuscì poi a recuperare e a mettere in salvo.
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