Collalto

alla memoria

Il cimitero di Collalto

Per accostarsi al cimitero di Collalto si può salire dal “Vicolo degli Alpini”, un viottolo inghiaiato, realizzato dalle penne nere del Gruppo Collalto nella primavera del 2003, che dalla piazzetta dedicata a Papa Giovanni Paolo II si inerpica fino al camposanto del paese. Uno sguardo al lavatoio medievale, anche questo restaurato dagli alpini, che raccoglie le acque del Rio Zecchinel, e ci si può inerpicare lungo la stradina, fino a varcare la soglia del cimitero, attraverso un portale sormontato da una croce, che richiama il triangolo canoviano, usato non di rado nei vecchi campisanti.

In un paese piccolo come Collalto, in cimitero trovano posto le tombe di persone che per gran parte si sono conosciute in vita e che ora riposano nella stessa terra. Poco dentro l’ingresso c’è la lapide di Rina Mattiuzzo, vedova Saggio, che per tanti anni ha gestito la trattoria “Ciao bèi”, una vera celebrità in tutto il Quartier del Piave e ben oltre, per la cordialità, il buon cibo e la scodella di vin clinto con la gazzosa che si poteva assaporare nel suo locale.

Sulle pareti esterne dell’oratorio funerario sono cementate le lapidi di alcuni parroci e le targhe in memoria di altri. In particolare c’è quella di don Pietro Battistella (1915-1994), che per 41 anni, dal 1952 al 1993, è stato il titolare della chiesa di San Giorgio e che ora è sepolto a Ceggia, nel Veneziano, suo paese natale.

Don Piero ha segnato la storia recente del paese di Collalto, che nel secondo dopoguerra ha faticato non poco a rialzare la testa, mantenendo saldamente unita la comunità, intorno alla chiesa e ai suoi valori.

Tutti ricordano le sue sfuriate moralizzatrici, in chiesa, durante le prediche domenicali e le conversazioni epistolari con i direttori dei quotidiani nazionali, su questo o quel argomento, su fatti di attualità e problemi di morale, riportati puntualmente nella pagina delle lettere.

Altre lapidi ricordano i sacerdoti che hanno guidato la parrocchia di Collalto. Don Pietro Menin morto a 83 anni nel 1917 che, come recita la scritta incisa nel marmo profuse senno e cuore a conforto e sollievo delle umane sofferenze, oppure mons. Giovanni Corbanese, scomparso nel 1930, che fra questi colli che gli ricordavano i suoi primi anni, scelse di riposarsi.

C’è la tomba di padre Antonio Daltin (1912-1996), originario di Collalto e a lungo missionario in Africa, quella di Ives Bizzi, scrittore e giornalista, quella di persone semplici ma di grande ingegno come Antonio Grava (1897-1984), abile falegname e maestro d’ascia, oppure dei valenti campanari Guido Dall’Anese e Aldo Bardin.

Collocata sul muro posto a Nord c’è la lapide del caporal maggiore Sergio Bertazzoni, paracadutista della Nembo, classe 1921, caduto nell’estate del 1944, combattendo al fianco degli alleati nella cruenta battaglia per la liberazione di Filottrano, nelle Marche, dall’occupante esercito tedesco.

Nel 1969, un gruppo di reduci di guerra decise di fondare, anche a Collalto, il Gruppo Alpini, aggregandosi alla Sezione ANA di Conegliano, sorta nel 1925. Ora riposano nel cimitero di Collalto, sono: Giovanni Bernardi del 1913, primo capogruppo, Leone Daltin del 1906, Guido Cecotti del 1914, Antonio Dall’Anese del 1906 e Vincenzo Meller del 1906. Nel tempo, altri alpini andarono a ingrossare le file di questa associazione, che da sempre è in prima fila nella vita associativa di Collalto. Oltre a Bernardi e Cecotti (vice capogruppo) facevano parte del direttivo anche Adriano Zaccaron, Sante Padoin, Giulio Lorenzon, Giacomo Dal Vecchio e Enrico Grava. Oltre a questi alpini ne andrebbero menzionati tanti altri: per tutti va ricordato Dianello Basso, classe 1961, giovane capogruppo delle penne nere di Collalto dal 1991 al 1998, morto a soli 57 anni.

Una fila di cappelle di famiglia chiude a Sud il cimitero, un luogo di pace da dove lo sguardo spazia verso la grande torre squadrata, simbolo del paese di Collalto.

Altre lapidi ricordano i sacerdoti che hanno guidato la parrocchia di Collalto. Don Pietro Menin morto a 83 anni nel 1917 che, come recita la scritta incisa nel marmo profuse senno e cuore a conforto e sollievo delle umane sofferenze, oppure mons. Giovanni Corbanese, scomparso nel 1930, che fra questi colli che gli ricordavano i suoi primi anni, scelse di riposarsi.
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